di Roberto Massaro
Ci sono evidenti analogie nell’atteggiamento assunto dalla Lega Nord a livello nazionale e a livello locale.
Nelle ore in cui a Roma il presidente Monti annunciava la sua amara ricetta, preparata per arginare il rischio di default dell’Italia, a Vicenza, in una situazione surreale, il sedicente Parlamento della Padania convocato dalla Lega Nord, lanciava la secessione secondo il modello cecoslovacco.
Non più con i fucili dei bergamaschi o con i carri blindati in piazza San Marco ma attraverso una separazione consensuale dallo Stato italiano; una forma di secessione “morbida”, secondo lo schema che nel 1993 portò alla pacifica nascita della Repubblica Ceca e della Slovacchia.
Per la Lega Nord si tratta del ritorno ad una strategia che, da un lato segna il ricompattamento del partito intorno al leader Bossi dopo i distinguo e le polemiche dei mesi scorsi e, dall’altro, la riproposizione di un mantra delle origini, seppure, in salsa moderata.
Nell’attesa che tutto ciò si compia, la Lega attraverso i suoi parlamentari e sotto la guida dell’ex ministro Maroni, “a Roma farà il culo a Monti” secondo l’illuminata indicazione dell’altro ex ministro Calderoli.
Francamente, di questo linguaggio triviale (e non solo di questo), non ne sentiamo la mancanza.
Per fortuna ci stiamo di nuovo abituando ad un modo di comunicare più consono al ruolo istituzionale di chi governa questo paese.
Ma ci sono due obiezioni che sorgono spontanee: a nome di chi la Lega chiede la secessione del Nord? Dei suoi elettori? Ma questi, comunque, anche nelle zone di maggior radicamento costituiscono una minoranza. E poi: non era il federalismo fiscale la nuova frontiera programmatica del partito di Bossi? Lo era a tal punto che su quell’ altare, negli anni di governo con Berlusconi, sono state sacrificate molte istanze della prima ora: la legalità, la lotta alla burocrazia e alla partitocrazia romana,etc. ingoiando bocconi amarissimi pur di rimanere il primo commensale alla tavola delle cene di Arcore.
Ma vi è un’altra grave colpa di cui la Lega deve rendere conto e che non può scaricare su Monti o su altri: aver sempre difeso l’ex ministro dell’economia Tremonti, condividendo le scelte ed il metodo di lavoro e diventando, quindi, corresponsabile del disastro economico nel quale oggi ci troviamo ad annaspare.
Anni passati a temporeggiare , più che a governare.
L’ Italia, da paese fondatore dell’Europa, si è ridotta ad essere un “sorvegliato speciale”, un rischio per l’ Unione.
Troppo comodo adesso chiamarsi fuori, troppo furbo andare oggi all’opposizione.
Si può discutere sulle scelte del governo Monti, si può essere d’accordo oppure chiedere di rivederle, ma il dato di partenza rimane sempre lo stesso: a questo disastro non si doveva arrivare e chi ha governato negli ultimi anni, (Lega Nord compresa) porta un grave carico di responsabilità.
Aggrapparsi oggi nella strenua difesa dei 40 anni di contributi per il diritto alla pensione appare come una scelta strumentale ed insufficiente dopo aver votato condoni fiscali a ripetizione, aver condiviso i provvedimenti in materia di giustizia a difesa del cavaliere, aver salvato in Parlamento personaggi di dubbia qualità morale destinati ad alloggiare nelle patrie galere, aver aperto a Monza inesistenti sedi ministeriali, etc.
Non basterà un bagno purificatore nelle “sacre” acque del Po per lavare le colpe di Bossi e del suo partito.
E, mentre a Roma la Lega si sfila, ad Alessandria fa altrettanto.
A pochi mesi dalla fine del mandato del sindaco Fabbio la Lega, dopo aver sostenuto compatta l’attuale giunta per oltre quattro anni, si è chiamata fuori temendo, forse, un magro incasso alla prossime elezioni amministrative. La motivazione di questa ritirata sta nell’assenza di fiducia nel sindaco Fabbio e nell’ assessore al bilancio Vandone, dopo la sentenza della Corte dei Conti.
Eppure la Lega Nord ha sempre votato compattamente i bilanci presentati dall’assessore Vandone pur in presenza di obiezioni sollevate dal collegio dei revisori. Ma non solo.
La Lega Nord ha sostenuto complessivamente l’attuale giunta condividendone scelte e obiettivi.
Non si è sfilata quando sono state aumentate le rette della refezione scolastica; non si è opposta all’abbattimento del ponte Cittadella pur in assenza della necessaria copertura economica per la costruzione di quello nuovo; non ha alzato la voce di fronte alla gestione scellerata delle municipalizzate; non si è preoccupata che il Comune venisse meno ai suoi impegni con il Cissaca, mettendo a rischio l’assistenza alla fasce di popolazione più in difficoltà; non ha puntato i piedi sulla questione del Teatro Comunale vera perla di inefficienza ed incapacità di questa giunta.
Adesso, a pochi mesi dal voto, d’improvviso la folgorazione.
Ma, è una scelta tardiva, che non solleva la Lega Nord dall’ assunzione di responsabilità nel malgoverno della città.
Non quindi “Avanti popolo alessandrino” come campeggia sui manifesti della Lega in città ma piuttosto “Destati popolo alessandrino”, un’alba nuova già s’ approssima.
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